Il mio amico Maigret

In "Il mio amico Maigret" di Simenon, ci troviamo di fronte a un Maigret insolitamente messo alla prova. E chi l'avrebbe mai detto che Scotland Yard avrebbe mandato un loro ispettore a Parigi per studiare i suoi metodi investigativi? Un'irritante situazione per Maigret, che si trova ora ad avere l'insopportabile ombra di Pyke sempre alle calcagna. Ma la tranquillità di Parigi viene interrotta dall'omicidio di Marcellin, un piccolo malvivente che viveva su una barca a Porquerolles. E perché dovrebbe Maigret interessarsi a un delitto così lontano? Semplice, Marcellin affermava di essere suo amico, e tutti credono che sia stato ucciso per questo legame. Così, Maigret si trova costretto ad affrontare un'inchiesta al sole di Porquerolles, accompagnato, ovviamente, da Pyke.
La trama ci conduce in una pittoresca isola mediterranea, dove le case bianche e rosa sono ombreggiate da palme e tamerici. Non sembra certo il luogo ideale per un barbaro omicidio, ma la realtà si dimostra diversa. Maigret si trova ad affrontare due compiti impegnativi: condurre un'indagine accurata per non deludere Pyke, desideroso di godersi il sole e la pipa, e comprendere la strana comunità che si è smarrita in quella suggestiva atmosfera.
Maigret, con il suo "metodo" unico, percepisce moltissime cose, ma tutto appare ancora avvolto da una nebbia di idee. Come spiegarlo al suo collega britannico? Maigret confessa candidamente a Pyke di pensare così poco. E in effetti, come potrebbe spiegare il suo "metodo Maigret"? È forse un misto di intuito, osservazione e comprensione umana, un insieme di elementi difficili da racchiudere in una spiegazione razionale.
"Il mio amico Maigret" ci regala un'avventura avvincente nella quale il celebre commissario si trova a esplorare non solo un omicidio, ma anche le complessità della mente umana e delle relazioni interpersonali, il tutto condito dal suo inconfondibile stile investigativo.


Le inchieste di Maigret (25)
Chi l'avrebbe detto? A Scotland Yard conoscono Maigret e s'interessano ai suoi metodi. Sino al punto di inviare a Parigi l'ispettore Pyke per un soggiorno di studio. Bella seccatura. Già, perché Pyke è gentile, discreto, ma segue Maigret come un'ombra. Osserva tutto e sembra registrare tutto. Insomma, è insopportabile. Fra l'altro non c'è una sola inchiesta all'orizzonte. Almeno sino a quando a Porquerolles non viene ucciso Marcellin, un piccolo malvivente che vive su una barca. E perché mai Maigret dovrebbe occuparsi di un delitto commesso in una lontana isoletta del Mediterraneo? Semplice: perché Marcellin sosteneva di essere suo amico, e tutti sono convinti che l'abbiano ammazzato proprio per questo. Non gli resta dunque che partire alla volta di Porquerolles. Insieme a Pyke, ovviamente. Certo, pare impossibile che fra quelle case bianche e rosa ombreggiate da palme, mimose e tamerici sia stato commesso un barbaro omicidio. Eppure è così, e due difficili compiti attendono il commissario: condurre una vera inchiesta per non deludere Pyke – mentre lui vorrebbe solo starsene in piazza al sole a fumare la pipa, o gironzolare per il porto guardando i pescatori – e, soprattutto, capire l'eccentrica comunità che in quell'atmosfera inebriante ha deciso di smarrirsi. Il problema è che Maigret sente qualcosa – anzi, sente un mucchio di cose –, ma per il momento è solo una fitta nebbia di idee. Come spiegarlo a quel collega so british? «Sa,» dice a Pyke «io penso così poco». D'altro canto, si può mai spiegare il «metodo Maigret»?
Scritto in Arizona nel febbraio del 1949, Il mio amico Maigret fu pubblicato in quello stesso anno.

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